Con questo tipo di argomento ci collochiamo cronologicamente nel romanico maturo, inoltre questo tipo di argomento si deve studiare in contrapposizione dialettica rispetto all’architettura cluniacense.
Con architettura cistercense intendiamo un’architettura di carattere religioso che è stata espressa dall’ordine benedettino riformato dei cistercensi, i cistercensi sono a tutti gli effetti dei monaci benedettini, ovvero si collocano nella cultura monastica espressa da San Benedetto, che era vissuto tra il V ed il VI secolo, considerato fondatore del monachesimo occidentale. Nel periodo che prendiamo in considerazione ci troviamo di fronte ad una serie di movimenti riformatori e i monaci non vedono più l’antico motto “ora et labora” come era vissuto all’origine, pertanto alcune figure emergono per mettere in discussione questi nuovi stili di vita e per provare a recuperare quello antico. Uno di questi movimento è quello cistercense, che dal punto di vista storico vede nella figura di Roberto di Molesme il fondatore di una nuova comunità monastica, nella quale voleva proporre un ritorno alla purezza delle origini, in particolare il filone più contrastato era lo stile di vita monastica cluniacense, cioè quello che ruotava attorno all’abbazia di Cluny (che aveva puntato molto sulla liturgia ed aveva dato vita ad un’architettura molto ricca, elaborata e sfarzosa, che era intesa a servizio di questa liturgia). Roberto porta a compimento questa riforma mettendo in discussione lo stile di vita cluniacense; il luogo nel quale prende vita questa comunità monastica è Citeaux in Borgogna. L’ordine era organizzato intorno al motto “ora et labora”, però Roberto di Molesme e gli abati che lo seguono vogliono trovare una mediazione tra questi due termini, a Cluny i monaci tendevano a concentrarsi eccessivamente alla preghiera e trascuravano il lavoro, per i cistercensi bisognava recuperare il rapporto con le antiche scritture e bisognava anche trovare un nuovo spazio per il lavoro, per questo l’abbazia doveva essere autosufficiente.
Uno dei documenti più importanti sulla base del quale possiamo capire la storia dell’ordine è la “carta caritatis”, tra i veri aspetti che venivano trattati in questo documento c’era quello del rapporto tra i vari monasteri, i quali dovevano essere improntati ad un principio di uguaglianza ed equità in modo che attraverso il confronto si potesse arrivare alla soluzione di eventuali problemi (rifiutano almeno all’inizio l’idea di un’abate supremo).
Per recuperare l’importanza del lavoro e per dedicare un giusto tempo alla preghiera i cistercensi sviluppano la figura del converso, che è un laico che vive insieme ai monaci ed assumono il ruolo di lavoratori.
Un’altro aspetto importante riguarda il capitolo generale, costituito da tutti gli abati delle varie abbazie che si ritrovano per discutere dei vari problemi dell’ordine, con lo spirito di collaborazione ed unità, questo spirito l’avrebbe dovuto garantire l’istituto giuridico dell'affiliazione (ovvero c’era l’abbazia madre di Citeaux e quattro “figlie” di La Ferté, Morimond, Clairvaux e Fontenay, dalle quali nascono numerose altre abbazie).
L’ordine si espanse velocemente ma di certo questo ordine non avrebbe avuto questo successo se non fosse intervenuto nell’ordine la figura di San Bernardo di Chiaravalle, il quale mise in evidenza il ruolo della Madonna e diede una sistemazione teologica all’ordine stesso, attraverso l’utilizzo della meditazione e della contemplazione.
L’architettura interessa sopratutto l’arco che va dal XII al XIV secolo, la sua importanza deriva dagli influssi che diede agli orientamenti successici; abbiamo già detto che il cistercense si colloca all’interno del romanico maturo, infatti lo spazio è romanico (sopratutto possiamo fare questa affermazione se pensiamo all’illuminazione degli ambienti interni, anche se iniziarono ad introdurre alcuni elementi che verrano utilizzati dal gotico, come ad esempio la campata quadrata, l’arco a sesto acuto, però tutti questi elementi li usano ancora con una sensibilità romanica, le loro chiese hanno sempre un evidente senso plastico di massa, lo spazio è controllato attraverso mezzi geometrici e matematici, fondata sui contrafforti più che sugli archi rampanti), elementi che oltre che nel gotico, troveremo in Italia negli ordini mendicanti, la cui mentalità verrà ripresa dall’architettura fiorentina tardo-gotica e rinascimentale.
Anche per quanto riguarda l’architettura Bernardo di Chiaravalle ha avuto un grande influsso, sopratutto laddove nei suoi scritti ha evidenziato la necessità di realizzare edifici semplici, facilmente costruibili, diventando più economico e sopratutto mi permette di ottenere in wtermini architettonici dei risultati semplici e chiari (non si tratta mai di una architettura decorata ma semplice e scarna, se compaiono delle decorazioni sono elementi prevalentemente geometrizzanti che tendono all’astratto, tutto l’opposto di quel vivacissimo apparato decorativo che era tipico del romanico borgognone di quel tempo, dove l’attenzione del fedele era attirata dall’apparato decorativo); per Bernardo il fedele non deve essere distratto da immagini mostruose ma deve solo pregare e meditare, per raggiungere Dio.
Per quanto riguarda la progettazione degli interni spesso si parla di progettazione “ad quadratum”, ovvero si vuole indicare quel metodo compositivo che si basa sul ricorso a campate regolari, prevalentemente a pianta quadrata, quindi lo spazio complessivo scaturisce proprio dalla combinazione di moduli quadrati, utilizzati in maniera romanica.
Anche nelle proporzioni di pianta ed elevato generalmente si rispettano proporzioni geometriche precise, che oltre a dare garanzie dal punto di vista strutturale, dovevano anche permettere un proporzionamento particolare degli edifici stessi.
Anche gli spazi monastici vengono articolati in una maniera prefissata, la chiesa monastica ha un’impianto basilicale a tre navate, a croce latina, un’altra particolarità delle chiese cistercensi (sopratutto le prime) è quello di avere nella zona absidale delle cappelle a pianta quadrata o rettangolare. Ci sono poi due aree, una riservata strettamente ai monaci ed una riservata ai conversi, tutti questi spazi sono articolati attorno ad un cortile a pianta quadrata che si chiama chiostro, il quale, oltre ad introdurre all’interno delle architetture uno spazio verde, doveva permette ai monaci di passeggiare e di proseguire la lettura delle sacre scritture senza distrazioni, inoltre permetteva di disimpegnare i vari spazi abitativi dell’abbazia (questo schema generalmente accomuna tutte le abbazie).
Troviamo poi la sala capitolare (ovvero quella destinata all’incontro) e poi via di seguito gli altri ambienti, generalmente articolati in due piani.
C’è da dire che i cistercensi erano molto versatili, nel senso che è vero che abbiamo utilizzato uno schema architettonico a cui aderiscono la maggior parte delle abbazie, però a seconda delle risorse del territorio le architetture venivano realizzate in maniera diversa; una delle risorse che erano prese in grossa considerazione era la presenza di acqua, utilizzata anche per la coltivazione dei campi o come energia; di conseguenza l’architettura doveva essere molto pratica e doveva rispondere anche alle esigenze produttive, oltre che favorire la preghiera.
Il modello che abbiamo analizzato è quello che poi venne elaborato nelle epoche successive, non bisogna pensare che fosse lo schema preferito da Roberto a partire dalla fondazione di Citeaux (si dice che i primi insediamenti fossero dei ripari improvvisati).
Il tipo di progettazione ad quadratum, che viene praticata dai cistercensi (e che diventerà un’elemento importante dell’architettura gotica) da vita a quello spazio che viene definito ideologico, uno spazio che non è esperienziale (non è uno spazio pensato per essere scoperto durante la visita), ma è uno spazio nel quale esiste un’idea (che è il modulo base) e nel momento che il visitatore capisce che quello è il modulo base la comprensione dell’edificio è immediata (non avviene così per il romanico delle origini). Per l’architetto cistercense è necessario che le strutture e gli spazi siano comprensibili chiaramente, sia nel momento in cui vengono costruiti che nel momento in cui vengono utilizzati, non ci vedono essere distrazioni; addirittura alcuni storici hanno parlato di iconoclastia bernardiana, ovvero la lotta contro le immagini, proprio perché Bernardo aveva respinto l’eccesso di decorazioni di Cluny.
Nell’abbazia di Fontenay possiamo vedere come lo spazio sia coperto da una volta a botte, intercalata da una serie di arcate che danno un ritmo visivo e strutturale nello scarico dei pesi; gli archi non sono a tutto sesto, ma non sono neanche a sesto acuto come saranno nell’architettura gotica; lo spazio è si illuminato però il visitatore si sente avvolto dall’architettura, nel senso che l’architettura in questo caso è massa che lavora per gravità, l’elemento di massa è preminente (non è un baldacchino che fa ombra, come accadrà nell’architettura gotica, i pilastri non sono ancora fascicolari e non sono snelli e slanciati verso l’alto, l’architettura gotica è pensata come un diaframma per la luce). Per quanto riguarda il sistema strutturale complessivo, il sistema sfruttato è quello spingente, ma lo schema riprende un po’ le soluzioni dell’architettura romana, con nella navata centrale una volta a botte continua e ritmata dalle arcate, però abbiamo a contraffortare le spinte della navata abbiamo una serie di altre volte a botte (a sesto acuto), che si sviluppano su assi perpendicolari a quello longitudinale della navata.
L’alzato comprendeva volte a botte ad arco spezzato (longitudinali nel corpo della chiesa e nelle cappelle, trasversali nelle navatelle e nei bracci del transetto) e graduato in altezza secondo una rigida scalatura che privilegia la grande croce tracciata dalla navata, coro e transetti, illuminati direttamente solo dalle testate terminali e, in basso, dalle striature oblique delle luci provenienti dalle finestre delle navatelle. Diversa rispetto alle precedenti architetture monastiche è anche la disposizione degli edifici: in ambito
benedettino spesso è libera, talvolta condizionata dall’andamento territoriale o dalle preesistenze; mentre i cistercensi disponevano i complessi secondo uno schema ben preciso: intorno al chiostro, un quadrato perfetto affiancato alla chiesa, di solito sul fianco meridionale, si succedevano gli ambienti dove si svolgeva la vita monastica (sacrestia, sala capitolare, parlatorio, cucina, refettorio, dormitori, ecc.).
Sul discorso dei cantieri scuola bisogna parlare del fatto che i cistercensi hanno contribuito a sviluppare certe competenze nel campo dell’edilizia, proprio perché ogni cantiere aveva una serie di figure così ben organizzate ed una padronanza tale dell’edilizia che questo faceva scuola, inoltre questa organizzazione accurata e razionale permetteva il trasferimento di saperi da un cantiere all’altro.
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