La chiesa di San Zeno a Verona


Sempre nell’ambito della cultura lombarda, i monumenti veronesi costruiti in questo periodo manifestano influssi franco-normanni, sono invece modenesi le influenze che incidono nella zona anteriore della grande chiesa benedettina di San Zeno (1120), originando dopo il 1150 la costruzione di due arconi trasversali, che presumibilmente avrebbero dovuto estendersi all’intera navata, ma questa proposta e qualla originaria (che prevedeva il completamento naturale della partitura delle semicolonne, mediante uan sovrapposta copertura a volta) vennero abbandonate e il vano ricevette una copertura a tetto piano, che si definisce quale corpo estraneo rispetto al resto della struttura.
La facciata è stata il modello a cui si ispirarono tutti gli interventi romanici veronesi. Un unico portale d’accesso è collocato sotto un protiro (una sorta di baldacchino a mensola), quest’ultimo composto da due colonne poggiati su piedistalli che reggono una piccola volta a botte posta sotto due spioventi.


Il corpo longitudinale, privo di transetto, è tripartito da pilastri cruciformi alternati a colonne che conducono all’abside semicircolare prolungata da un vano quadrato. 


Cattedrale di San Gemignano a Modena


La cattedrale di San Gemignano a Modena erettotra il 1099 ed il 1110 dal lombardo Lanfranco. Organismo semplice su pianta rettangolare, tre absidi, senza transetto, articolato su campate doppie di pilastri alternati a colonne, falsi matronei, grande cripta e presbiterio; presenta un nuovo tipo di facciata è un’esempio importante per la complessità del suo insieme, ovvero se noi guardiamo la facciata notiamo elementi che abbiamo visto prima, ma notiamo la presenza di due spioventi (rialzato quello centrale), la suddivisione in tre parti e l’uso delle loggette e del protili; elemento completamente nuovo è l’uso del tema della loggetta anche sulle altre fronti della chiesa (come elemento uni9icatore di tutti i prospetti), inoltre troviamo la forte presenza della cripta. Lo spazio interno ed il verticalismo rimandano alle architetture del nord, il tema della nave cieca di Sant’Ambrogio qui viene risolto con la presenza di un’architettura al di sopra del matroneo. 

L’interno è stato gravemente alterato mediante la sostituzione dell’originale copertura ad arconi trasversali e tetto piano con pesanti volte a crociera a sesto acuto costolonate, con l’inclusione di uno speudotransetto basso e di un’enorme rosone sulla facciata; l’esterno sviluppano il ritmo agile e slanciato di una serie continua di archi triforati, che unifica fianchi ed absidi dell’edificio.
L’oroginalità dell’opera di Lanfranco è quella di aver tradotto il linguaggio lombardo (cioè romanico) con una concezione figurativa che non è più romanica, in quanto ha rinunciato alle motivazioni di ordine statico-strutturale e le ha sostituite con una visione rigorosa a cristallina. Lanfranco rinuncia alla copertura a volta, rinunciando così alla poetica romanica della massa-struttura, e vi contrappone una visione ritmica di spazi e superfici, priva di tessitura strutturale e senza primari e diretti riferimenti d’ordine statico e costruttivo.

La chiesa di San Michele a Pavia


San Michele a Pavia (1120-1150), che nel corpo delle navate riprende la tipologia ambrosiana, ma ne rifiuta la soluzione a nave cieca, rialzando i muri della navata principale sopra il livello delle gallerie per aprirvi delle finestre. Qui troviamo la presenza del transetto sporgente, l’abside è diverso da quello di Sant’Ambrogio in quanto riprende le architetture del nord, il rapporto tra la dimensione delle navatelle e la navata centrale sono invece temi ripresi dalla basilica milanese, quindi c’è un proporzionalmente dello spazio interno ed in più l’uso del pilastro a stella. Ma l’elmetto più importante che diventa caratteristico di questa architettura è la facciata, tripartita attraverso la costruzione di due poderosi pilastri, la presenza di un nuovo elemento che diventa quasi costante nelle architetture emiliane e toscane, ovvero le leggete sommitali le quali hanno una lontana origine romana e bizantina (che diventa una reinterpretazione di un tema già visto, ovvero gli archetti pensili).

La chiesa di Sant'Ambrogio a Milano


Sant’Ambrogio milanese (coro 784, absidi 940, atrio 1098), che presenta un corpo a tre navate iniziato nel 1080 ma coperto da volte solo dopo il disastroso terremoto del 1117, qui la partitura della grande navata impiega la tipologia delle chiese di pellegrinaggio a navata cieca, in quanto bloccata dalle collaterali e dalle gallerie sovrapposte, ma nello stesso tempo ne modifica fortemente le proporzioni, rinunciando allo slancio verticale (tipicamente francese), adotta invece una conformazione bassa e larga quasi priva di luce dalle arcate, dalle volte e dai matronei. La forza delle membrature che scandiscono con ritmo largo e grave la grandiosa successione delle campate cupoliformi risalta nella luce radente che penetra dagli arconi della facciata, in contrasto con l’ombra diffusa delle navatelle. La facciata è composta da un loggiato su grandi arcate, corrisponde ad una pianta rettangolare, a tre navate senza transetto.
E’ un’architettura che meglio sintetizza temi che riguardano il mondo paleocristiano e temi provenienti dal nord (in quanto l’Italia era in forte ritardo nella costruzione della crociera), si tratta poi di un’architettura che elabora e trasmette questi temi alle architetture successive sia in Italia centrale che in quella del sud. L’architettura della chiesa è formata da due elementi essenziali, la chiesa vera e propria e il quadriportico (un’elemento che appartiene all’architettura paleocristiana); il razionalismo nella progettazione di questa struttura porta all’uso di un modulo molto signi9icativo, cioè se noi guardiamo la pianta della chiesa notiamo che è formata da otto campate, come otto sono le campate del quadriportico; la navata centrale è il doppio della grandezza di una campata delle navatelle (questo è un’elemento nuovo perché nell’XI secolo non avevano ancora ben chiaro il concetto di modulo, al quale arrivarono attraverso la geometria sacra).
In un secondo momento viene costruito il sistema a crociera per le navate e un’aspetto che non è ancora risolto nel caso di sant’Ambrogio è quello legato al tema della chiesa di pellegrinaggio, cioè quello a nave cieca, ovvero il fatto che con la presenza dei matronei la luce non poteva entrare direttamente nella navate centrale, il problema dell’illuminazione era risolto attraverso la facciata sul lato del quadriportico e attraverso il tiburio, da qui la luce poteva illuminare direttamente il coro.

Troviamo anche un riferimento al mondo nordico con la presenza delle due torri, il coro è rialzato, in quanto troviamo la cripta sotto, però non assume ancora quella dimensione straordinaria che poi vedremo paradossalmente presenti in alcune architetture successive in Italia meridionale.
Un tema proposto e diffuso dalla chiesa di Sant’Ambrogio è quello degli archetti in alto sull’abside (un tema che si diffonde al sud Italia ma anche in nord Europa); ma elemento più

importante e caratteristico della chiesa, che risolve molto problemi sia dal punto di vista
proporzionale che dal punto di vista spaziale, è la facciata verso il quadriportico, una facciata de9inita a capanna a cinque aperture, che garantiscono l’illuminazione dello spazio interno e allo stesso tempo questo crea una loggia in alto che corrisponde dal punto di vista proporzionale alla campata che porta all’interno della chiesa. Il tema della facciata a capanna in sant’Ambrogio presenta due problemi che sono caratteristici dell’architettura, ma che in atre architetture successive diventano problemi veri e propri, ovvero nel caso di Sant’Ambrogio l’altezza è relativamente bassa, quindi crea uno spazio molto proporzionato sia all’interno che all’esterno (un’aspetto tipicamente lombado).
Nello spazio interno, oltre alle arcate cieche viste all’esterno, troviamo l’uso delle volte a crociera, notiamo inoltre che per la prima volta vengono utilizzate delle nervature squadrate, che formano uno spazio molto caratteristico, elementi che aumentano il ritmo dello spazio interno, inoltre hanno una funzione costruttiva molto importante in quanto tutto il peso viene guidato attraverso questi elementi sui pilastri della navata centrale.
Il tiburio poggia si quattro pilastri, attraverso un doppio pennacchi ripetuto sui quattro angoli del quadrato di base.


L'architettura Romanica in Italia


Un preciso carattere che distingue la produzione architettonica dell’età romanica in Italia da quella degli altri paesi dell’Occidente cristiano è il fatto che gusto e linguaggio figurativo sono fortemente differenziati da luogo a luogo, per diversità di tradizioni, per differenti influenze estere, per gli avvenimenti politici ed economici, ed infine per caratteristiche legate al luogo. Nel grande quadro dell’architettura romanica l’Italia assume il ruolo di terra di confine, facilmente aperta ad ogni tipo di influenza, destinata a diventare filtro delle influenze del mediterraneo (bizantine, siriache, anatoliche, armene, islamiche, eccetera), con il compito di trasmettere al resto dell’Occidente dopo averne sperimentato l’applicazione.
Si possono quindi individuare tre aree di influenza: l’area padana, la quale costituisce parte integrante della cultura romanica, mediante costanti rapporti di scambio con la Francia ed il centro Europa; le regioni centrali, rimaste periferiche rispetto agli sviluppi del settentrione (ma con alcune sedi ricche di autonomia e vena creativa); infine il meridione, che devono considerarsi sostanzialmente estranee alla cultura europea.
Nella grande area padana (escludendo Venezia e la laguna) i maestri lombardi avevano da tempo sviluppato e diffuso (nei secoli IX, X e inizio XI) gli elementi caratteristici del linguaggio architettonico romanico; tuttavia intorno alla metà del XI secolo, mentre in Aquitania e Borgogna si portavano a compimento i primi organismi chiesastici voltati, gli architetti lombardi restano ancora fedeli all’impianto basilicale coperto a tetto (forse per timore di realizzare soluzioni sino ad allora mai tentate), questo ritardo si prolunga sino all’ultimo decennio del XI secolo, cosa che non impedisce all’architettura lombarda di affermarsi nel panorama dell’architettura romanica.
Una fase intermedia, prima della costruzione delle volte nella navata maggiore, è rappresentata dall’introduzione degli arconi trasversali posti a sostegno del tetto, quale struttura di collegamento murario fra le pareti verticali, coma accade nella chiesa di San Abbondio a Como, costruita nel 1050-85, priva di transetto, che con le sue cinque navate su archi e colonne sembra ispirato ad un lontano ricordo delle basiliche costantiniane di Roma; influenze francesi si riscontrano nel coro absidato e molto allungato, germaniche nei capitelli cubici e nella loggia interna, riflesso del massiccio occidentale ottoniano. Ma la vera qualità architettonica risiede negli esterni, dove il linguaggio figurativo romanico si dispiega pienamente nelle masse murarie grandiose e compatte.
L’architettura lombarda raggiunge la completezza dell’organismo statico-costruttivo interamente coperto a volta fra il 1090 ed il 1120 ad opera dei maestri milanesi e sono questi ultimi ad introdurre un’elemento di importanza decisiva qual è il costolone squadrato, posto a costituire gli arconi diagonali delle volte a crociera, questo allo scopo di razionalizzare la struttura rialzandone il vertice, differenziando attraverso l’uso dei materiali le funzioni statiche dei costoloni, da quelle di riempimento delle vele.

La Cattedrale di San Pietro a Worms


Come le chiese precedenti anche l’ultima grande cattedrale, quella di Worms, mantiene la tipologia germanica dei due cori contrapposti e quindi pone d’obbligo il graduale apprendimento della sua immagine. Costruita durante un periodo di due secoli (dal 1000 al 1200) questa cattedrale dimostra una straordinaria originalità di concezione ed una vera capacità inventiva; nonostante la tradizionale presenza delle due absidi opposte, la composizione d’insieme risulta mossa e variata: un solo transetto, due cori diversi in tutto, uno dei quali distaccato. L’orditura dell’interno riprende con ben altro vigore l’ordinamento di Spira e Magonza, mediante una rinnovata e precisa definizione delle poderose membrature; tuttavia e negli esterni che si manifesta il maggiore sforno espressivo, con la decisa concentrazione degli effetti plastici alle due estremità della fabbrica, che si risolve in motivi e sviluppi di vera qualità architettonica: verso oriente innestando due torri cilindriche sui lati di un blocco cubico che si proietta sullo sfondo distaccato del transetto con sovrapposto tiburio, verso occidente sovrapponendo l’uno sull’altro due prismi ottagonali coronati da piramidi, dislocati in profondità ed in altezza e chiusi tra due campanili cilindrici.
L’esaurimento della cultura romanica è da tempo iniziato, quando nel terzo decennio del XIII secolo prende inizio l’introduzione diretta delle forme gotiche in Germania, senza l’intento di abbracciare l’intero linguaggio.

Basilica dei Santi Apostoli di Colonia


La prevalenza del tipo basilicale nell’edilizia chiesastica dell’impero in età romanica non è tale da impedire il sorgere ed il costituirsi di preferenze verso soluzioni differenti, in particolare quella che presenta due assi ortogonali di simmetria. Il luogo nel quale giunge a maturazione questo indirizzo compositivo è la città di Colonia, prima con Santa Maria in Campidoglio, poi con San Giorgio di Colonia ed infine con la chiesa dei Santi Apostoli di Colonia (1190-1219), grande edificio a tre navate coperte a crociera, in cui il nucleo centrico orientale triabsidato, con tiburio e torri si contrappone ad un transetto occidentale dotato di massiccio con torre d’ingresso anteriore (secondo una composizione d’insieme che mantiene il carattere ottoniano), che nello stesso tempo introduce l’asse regolatore verticale.

La chiesa abbaziale di Santa Maria Laach


Anche per l’abbazia benedettina di Maria Laach presso Coblenza, fondata nel 1093, voltata fra il 1130 ed il 1156 e terminata intorno al 1200, che presenta un’interno semplice ed anonimo, la maggiore attrazione riguarda la forma architettonica degli esterni, nei quali una complessa volumetria esattamente articolata fornisce un’esempio perfetto di chiesa romanico-germanica con volte, che nello stesso tempo mantiene elementi tipici della tradizione ottoniana (transetto anteriore che include un massiccio occidentale e reca due torreselli laterali, torrione-lanterna sulla crociera, torri innestate tra coro e ali del transetto).
Ma nonostante la felice conformazione architettonica, la presenza di una decorazione composta da ordini architettonici dalle esili intelaiature provoca uno sdoppiamento tra volumi architettonici ed ordini.

La cattedrale di Magonza


La ricostruzione della cattedrale di Magonza del 1009-32, è databile al 1110-37 e riguarda il corpo delle navate ed il coro orientale, mentre l’attuale impianto del transetto occidentale e dell’annesso coro triconco, con il tiburio e la copertura a volta sono databili fra il 1181 ed il 1230. Qui l’architettura dell’interno riprende la partitura della navata di Spira, ma vanifica il motivo delle arcate lasciandole cieche e sopprimendo il ritmo alternato delle colonne, così che il grande vano risulta essere povero e disadorno. La conformazione degli esterni mostra invece qualità figurali autentiche nei tipici valori plastici, specialmente espressi nell’imponete fronte orientale, dove il contrasto tra la nuda e possente parete, inquadrata dai torreselli, e l’abside centrale traforata, compongono un’architettura severa e solenne.

Il duomo di Spira


La trasformazione del duomo di Spira, eseguita tra il 1082 ed il 1106, segna il momento in cui la cultura dell’impero giunge ad aderire pienamente alla concezione organica, strutturale e figurativa del romanico. Il primo grande impianto, costruito dal 1030 al 1061, presentava tre navate su pilastri, transetto sporgente, abside fiancheggiata da due torri e fronte su portico; la trasformazione di fine secolo comprende la ricostruzione del transetto, dell’abside e sopratutto il rinnovamento della partitura nella grande navata, operazione diretta a rendere possibile l’innesto di una copertura a volta. La navata era composta da 12 arcate singole su pilastri, inserite sopra semicolonne addossate ed alte fino ad includere le finestre (motivo ispirato alla basilica di Treviri), è stata rifatta nelle intelaiature con l’aggiunta di un risalto ogni due pilastri, ricavando così un sistema alternato di sostegni principali e secondari, quindi la serie dei pilastri principali diventa l’ossatura primaria, preparata a ricevere i contrarchi. In questo modo l’interno della cattedrale, dominato dalla grande navata, appare marcato dal ritmo serrato ed imperioso delle altissime arcate (vero ordine colossale posto ad assicurare l’unità figurale dell’impianto). Nel duomo di Spira si manifesta più chiaramente la tendenza del romanico tedesco ad assegnare una maggiore importanza alle fronti esterne, specialmente mediante l’accentuata ripresa di soluzioni tipiche dell’architettura carolingia ed ottoniana, quali la collocazione di grandi volumi di fabbrica contrapposti (quali navi, torri, tiburio, massiccio occidentale, transetto, cui si aggiungono gli elementi di provenienza lombarda come partiture su lesene, arcate, archetti pensili, gallerie e loggiati).
In questo monumento da una pianta semplice e compatta si innalza nello spazio un complesso architettonico variato e mosso, in cui lo slancio verticale delle quattro torri risalta sulle masse orizzontali della navata, e dove il blocco costituito dal transetto e dal coro, con torri e tiburio si contrappone a quello del corpo occidentale, dotato di altre due torri e di un secondo tiburio. Il gruppo delle grandi cattedrali renane (alle quali si aggiungono Laach, Worms e Magonza) mantengono tutte saldamente la pianta germanica a cori contrapposti ed accessi laterali.

Il Romanico in Germania


I paesi germanici sono gli ultimi ad accettare le risoluzioni architettoniche del romanico, e ad adottarne i principi ed i metodi, insieme ad gusto ed al linguaggio, nei territori dell’impero, per almeno un secolo (dalla metà del X alla metà del XI secolo) l’architettura
ottoniana rimane saldamente ancorata alle sue motivazioni storiche e culturali, sviluppando la propria poetica figurativa. La differenza fra ottoniano e romanico riguarda perciò sia la contrapposizione fra la concezione ideologica e socio-politica dell’edificio chiesa (dettata da un forte potere centrale) e la concezione della stessa chiesa quale valenza simbolica del divino; sia il confronto tra il carattere tradizionale aulico, severo e distaccato delle basiliche imperiali e la nuova immagine della chiesa romanica frutto di un lungo ed intenso sforzo espressivo. Ma nella concretezza del paragone direttamente eseguito sugli edifici, la più evidente differenza risulta naturalmente quella riguardante i sistemi di copertura, con l’abbandono della copertura a tetto in favore della volta, dovute prevalentemente all’influenza francese e lombarda. Si tratta comunque di un processo lento e discontinuo in tempi e luoghi.

Introduzione al Romanico


Le principali motivazioni che nell’Occidente europeo hanno originato la conformazione della chiesa romanica, rispetto ai caratteri dell’edilizia religiosa dei secoli precedenti, riguarda la generale necessità di ampliare e sistemare diversamente l’area del presbiterio, sia per ricavare lo spazio necessario per il clero (ormai molto numeroso), sia per consentire un’officio maestoso e solenne dei riti, dapprima distribuite in tutta la chiesa ed ora concentrate nell’altare maggiore. La risposta a tale esigenza si trova nella forma assunta dal coro, che diventa coro deambula di sempre maggiori dimensioni.
la seconda motivazione si riferisce al modo di concepire ed immaginare l’edificio religioso, che diventa momento centrale e determinante della vita dell’uomo medioevale; l’oggetto architettonico è quindi sentito come una struttura che gradualmente tende a diventare forma, composta da una massa muraria grave e forte, articolata secondo membrature poste a scandire lo spazio.
Secondo formula sommaria e semplicistica, la formazione dell’architettura romanica può essere assimilata alla trasformazione della basilica cristiana, che è un’edificio dotato di un sistema strutturale discontinuo e coperto a tetto, ad una fabbrica interamente coperta a volte, tale da presentare una completa continuità di strutture murarie, anche se il processo di trasformazione è molto lungo ed articolato, giungendo a maturazione soltanto nella seconda metà dell’XI secolo.
Il processo di formazione dell’architettura romanica sintetizzato e riassunto come la progressiva conquista della capacità di costruire un organismo strutturato e coperto con volte, secondo una forma articolata ed aderente alla funzione d’uso ed alla solidità statico- costruttiva. Tale sviluppo è di consueto ipotizzato come uno sviluppo lento, svolto attraverso diverse fasi successive, inoltre di fondamentale importanza sono le premesse storiche che durante il Medioevo si possono riscontrare in varie parti d’Europa, infatti la copertura di un’ambiente attraverso l’utilizzo di una volta, seppur di piccole dimensioni, viene sempre considerato dagli architetti medioevali.
Un secondo motico è quello che indica ai costruttori del X secolo l’opportunità di realizzare l’intera copertura impiegando le volte, per allontanare il pericolo costitutivo degli incendi, mediante la sostituzione della muratura al legname. La terza ragione riguarda il desiderio di assicurare i migliori effetti acustici al canto corale, funzione di fondamentale importanza specialmente nelle comunità monastiche.
La chiesa romanica costituisce il risultato di un’impulso originario in cui l’uomo medioevale vuole raffigurare in un’immagine architettonica la manifesta tangibile presenza del divino nella vita quotidiana; l’espressione linguistica di tale richiesta è quella già detta e lungamente maturata nei secoli VII-X, che tende a tradurre la struttura muraria nei valori di massa plastica coerente ed omogenea, determinando il carattere e la qualificazione figurale dell’edificio. 

Basilica di San Salvador de Valdedios


L’edificio, consacrato nell’893, è voltato con arcate su pilastri, segue la disposizione consueta, ma comprende anche una tribuna occidentale, ma ha ambienti inaccessibili sopra l’abside. La tripartizione separa le zone destinate ai laici, chierici e agli officianti. A differenza di San Miguel de Lillo, il tetto delle navate laterali ha un andamento regolare. Colpisce nella costruzione l’inserimento di barre di ferro nella muratura, nonché la tessitura muraria che presenta numerose pietre squadrate, soprattutto nel portico meridionale; quest’ultimo, aggiunto come elemento innovatore, mostra rispetto alla chiesa una ricca articolazione delle pareti e della volta con arcate cieche ed archi trasversali. 

Monastero di San Martino de Canigo


Questa chiesa è l’espressione più tangibile della presenza lombarda in terra catalana, poiché è una struttura in cui le maestranze sono state presenti in maniera molto numerosa; dall’esterno l’elemento che preannuncia questa presenza è il campanile, ma all’interno i sistemi di copertura sono quelli elaborati dai magistri lombardi. Il complesso è formata da due chiese sovrapposte, una più bassa chiamata cripta (che è separata da un’altro settore, il cui tetto serve da sagrato alla chiesa superiore), quindi la chiesa sottostante è più lunga di quella superiore.
La struttura è molto complessa perché le tre navate sono coperte con volte a botte molto allungate, sostenute da archi trasversali appositamente introdotti; nella parte presbiteriale invece si trovano delle volte a crociere e tre absidi. Tutta questa struttura costituisce la fondazione della chiesa superiore, che però presenta una non coincidenza delle absidi con quelle sottostanti (le absidi della chiesa superiore sono più arretrate); anche questa chiesa superiore è coperta da volte a botte a tunnel (sostenute da colonne al centro e da muri all’esterno).

Monastero di Ripoll


L’altra chiesa, dove troviamo Oliba come abate, è la chiesa di Ripoll, anche questa è il risultato di una serie di modifiche che sono state fatte nel tempo (almeno 5 o 6) e prima che Oliba arrivasse ne aveva già subite tre, infatti le origine della chiesa sono molto più antiche. La fama di questa abbazia era legata alla presenza di uno scriptorium, nel quale i monaci copiavano i testi antichi miniandoli; dal nostro punto di vista ciò che è importante è che erano mozarabici (ovvero venivano dalla Spagna islamizzata), quindi nel disegnare queste miniature ripropongono una serie di elementi decorativi tipici della tradizione islamica.
La chiesa viene notevolmente trasformata quando Oliba diventa abate, prima che arrivasse la chiesa era limitata soltanto alla parte basilicale, con una struttura a cinque navate che evoca intenzionalmente San Pietro; questa chiesa terminava con cinque absidi e non esisteva il transetto. La navata centrale era limitata con una fila di pilastri, mentre le parti laterali erano suddivise da un’alternanza di pilastri e colonne, probabilmente di derivazione sassone.
Quando diventa abate, ormai l’abbazia è diventata celeberrima quindi decide di ampliarla, abbatte le cinque absidi che terminavano l’antica chiesa e su quest’area costruisce un transetto continuo come quello di San Pietro, mentre il muro di chiusura viene contornato da sette absidi, mentre tutto il transetto è coperto da volte a botte continue (rinforzate da archi trasversali, seguendo il modo di procedere dell’architettura lombarda), mentre l’altro settore della chiesa continua ad essere coperto da volte a capriate; questa differenza delle coperture rientra in quella mentalità di dinamismo che abbiamo accennato.
Altri elementi aggiunti da Oliba sono la presenza portico con due torri laterali ed ancora la decorazione ad archetti pensili che manifestano la presenza di maestranze lombarde.
La chiesa venne in seguito quasi completamente distrutta da un’incendio, durante la ricostruzione si presero elementi provenienti da altre chiese, commettendo una sorta di falso.

Basilica di San Michele a Cuixa


I principali esempi che caratterizzano questa architettura le ritroviamo nelle abbazie dove Oliba fu presente prima come abate e poi come vescovo e sono le chiese di San Miguel de Cuixa (una chiesa dove trascorse i primi anni del noviziato), questa utilizza le strutture di una chiesa più antica di alcuni benedettini (che erano fuggiti in quanto la loro chiesa era stata inondata), in seguito al forte richiamo dei fedeli si necessità di un’ampliamento, sempre ad opera dei conti di Barcellona, i quali costruiscono una chiesa nuova che viene consegnata nel 974.
La chiesa della fine del X secolo si presenta con un’impianto molto singolare che associa elementi della tradizione più visigota, insieme ad elementi della tradizione cluniacense (dovuta alla presenza di monaci, come il monaco Guarino), insieme a degli elementi nuovi come la presenta delle cappelle orientate, che si aprono sui bracci del transetto.
Quindi in questo momento, ancora prima dell’arrivo di Oliba, la chiesa presenta un’impianto a tre navate, con una navata centrale che si prolunga anche nella zona presbiterale (separate da una serie di pilastri rettangolari, molto diffusi nella Spagna islamico, legate da arcate che hanno un profilo a ferro di cavallo, come tipico nell’architettura islamica). Questo corpo basilicale è unito al presbiterio da un transetto molto allungato e stretto, sul quale si aprono due cappelle orientali per ogni lato, questo è un’elemento estraneo alla tradizione iberica ed era invece abituale nel mondo europeo poiché sono i cluniacensi che elaborano questo partito. Una delle due cappelle è stata chiusa perché nel XII secolo sono stati aggiunti due campanili (uno dei quali nel frattempo e crollato).
Gli interventi di Oliba, che vengono effettuati nel periodo in cui è vescovo, riutilizzano l’antica struttura e ne modificano sostanzialmente la parte presbiterale, in quanto riempie lo spazio che intercorreva tra le due absidi ed il presbiterio centrale con un corridoio che avvolge l’antico presbiterio, sul quale apre delle cappelle semicircolari, secondo un partito che era apparso in epoca carolingia. Questo corpo di fabbrica è molto particolare perché segna un momento di passaggio continuo ed è collegato anche con il transetto mediante porte che hanno anch’esse un profilo a ferro di cavallo; quindi le parti di Oliba non si limitano a questa zona, ma aggiungono anche nella parte occidentale tutto un corpo di fabbrica, articolato su più piani.
Gli elementi lombardi sono chiaramente individuabili nella presenza di archetti con le lesene e sopratutto nella disposizione delle finestre (che dal basso verso l’alto diventano sempre più aperte).
Quindi nella parte occidentale aggiunge un nuovo settore che si sviluppa su due piani, uno al livello della chiesa antica e l’altro più in basso, sfruttando la pendenza del terreno, la parte sottostante è una specie di cripta, formata da due navate che immettono in due corridoi (che sono due cappelle), tra le quali si trova una zona centrale, formata da una cripta, coperta da una volta a botte anulare (che si appoggia sui muri perimetrali e su un pilastro centrale, anche questa soluzione non è nuova ma proviene dal mondo carolingio); la cripta ha lo stesso orientamento nella chiesa.
Al piano superiore costruisce sempre un’altra cappella che si sovrappone a quella sottostante (dedicata alla trinità), fiancheggiata sempre da corridoi-cappelle, riunendo la parte preesistente con un’atrio interno; all’atrio si arriva direttamente attraverso le scalette laterali (come avveniva nelle chiese paleocristiane dell’area adriatica), mentre dalla cappella superiore di arrivava attraverso altre scale poste sulla facciata.

L’architettura della contea di Barcellona


Un diverso atteggiamento assumono gli architetti della contea di Barcellona, nella quale si realizzano edifici che apparirebbero con tendenze opposte a quelle della Germania perché gli interessi degli architetti della contea di Barcellona sono rivolti verso problemi strutturali, infatti realizzano tutta una serie di architetture che si contraddistinguono per le coperture a volte e anche per congegni strutturali molto complessi. Questo modo di procedere è dato dalle tradizioni locali di cui già la realtà carolingia aveva dato prova in numerosi esempi, ma anche il contributo notevole alla continuità di questa tradizione era stata data dalle maestranze lombarde, ovvero delle maestranze itineranti che dell’Italia settentrionale si erano spostate verso la Provenza, la Lingua d’Oca e poi a Barcellona. La presenza di queste maestranze lombarde in Catalogna fu favorita da circostanze storiche poiché i conti di Barcellona, in particolare il conte Oliba, il quale era molto legato al papato e durante i suoi viaggi passa anche per l’Italia settentrionale, rimane fortemente colpito dalle architetture complesse che qui venivano realizzate e sopratutto delle decorazioni ad arcatelle cieche poggianti su lesene, decide quindi di portare queste maestranze con se a Barcellona, ai quali affida la costruzione di nuove chiese oppure di ristrutturazione di chiese antiche, che vengono riadattate con modi compositivi lombardi, che possiamo individuare sopratutto nel sistema di coperture a volte a botte.
Queste volte a botte ricoprono per interno le navate (dall’ingresso all’altare) e per la loro lunghezza vengono chiamate volte a tunnel, sono generalmente rinforzate lungo il loro percorso da archi trasversali che rinforzano la struttura stessa. Il figlio del conte, che si chiama anch’esso Oliba, è più responsabile dello sviluppo dell’architettura catalana; fu un vescovo di vastissima cultura ed è legato con importanti personaggi; effettua anche lui dei viaggi e al suo ritorno da Roma è ospite del futuro vescovo di Milano ed ha la possibilità di osservare ancora meglio queste maestranze, di cui rimane affascinato e procede al reclutamento di uomini.
Si tratta di strutture del tutto simile a quelle in Italia settentrionale, molto articolate dal punto di vista strutturale e con la tipica decorazione ad archetti pensili, anche l’interno si nota come sia stata aggiunta la cripta (che naturalmente alza il pavimento del presbiterio).


Chiesa di San Pantaleone a Colonia


Ultimo elemento di questa architettura è quello rappresentato dalle modifiche che l’architettura ottoniana porta al westwerk carolingio ed in particolare nella chiesa di San Pantaleone a Colonia troviamo un’esempio ancora ben conservato che ci mostra questa modifica che il westwerk carolingio ha subito nel processo di trasformazione operato dagli architetti ottoniani. Quando abbiamo visto il Westwerk di Corvey sulla Weser abbiamo visto come la struttura fosse compatta, formata da un piano inferiore (la cripta) ed un piano superiore, mentre all’esterno si configurava come un’insieme compatto fino ad una certa altezza, da cui emergono le tre torri. Questi elementi non lasciano intravedere la funzione che ogni volume assolve, in San Pantaleone si opera una sorta di modifica alla struttura massiccia evidenziando con molta chiarezza i volumi che costituiscono questo corpo occidentale (quindi mentre nel westwerk di Corvey questa parte era tutta compatta, qui invece i volumi sono distinti già a partire dalla base e abbiamo l’assoluta certezza della loro funzione), nello stesso tempo sono elementi volumetrici che concorrono (insieme a tutti gli altri volumi) a definire la composizione delle masse alle estremità dell’edificio. Quindi forma e funzione sono in questo caso molto chiari, diversamente da quanto avveniva in precedenza, questo è un dato che l’architettura romanica mostrerà chiaramente che si chiama “leggibilità delle parti” perché quando si osserva una chiesa dall’esterno l’ordinamento della facciata ci fa vedere la divisione interna che regola lo spazio della chiesa interna.
In altri termini il westwerk carolingio nell’architettura ottoniana viene semplificato attraverso questa disposizione di volumi e questa semplificazione non avviene solo all’esterno ma anche all’interno, perché in questo caso viene eliminata la cripta al piano terra (con l’intrigo di sostegni) ed in questo caso si tratta di un’ambiente molto libero, in quanto la tribuna e direttamente a contatto con la chiesa, cioè un’ulteriore divisione che nel westwerk carolingio era posto a questo piano (cioè nel westwerk carolingio c’è un primo schermo di arcate e un secondo più avanzato, questo secondo viene eliminato in modo da consentire la visione dello svolgimento nella messa nella parte bassa). Quindi tutto l’insieme viene semplificato tanto all’interno che all’esterno, con una volontà precisa di creare una struttura più funzionale e direttamente percepibile nella forma e nelle parti costruttive.

In generale si prende come riferimento l’architettura carolingia, la si sottopone ad un processo di elaborazione che tende ad ordinare le parti dell’edificio in modo tale che ciascun edificio mantenga la sua autonomia e che nello stesso tempo sia legato agli altri. Si precisano in questa architettura questi interessi per i sistemi proporzionali e geometrici, che abbiamo già visto nell’architettura carolingia, motivi che vengono assunti come base di partenza del progetto (il principale che viene usato è l’incrocio tra il transetto e la navata, che viene ripetuto più volte per determinare la lunghezza della navata), rafforzando il senso ritmico, che trova conforto nell’alternanza dei sostegni e nella leggibilità delle parti che denotano una coincidenza tra forma e funzione; questi sono gli elementi che l’architettura ottoniana elabora e trasmette all’architettura romanica.
La mancanza di coperture a volte, che sembrerebbero strane in questo momento storico, viene giustificata in base alla carica ideologica che è alla base di questa architettura, cioè il ritorno all’architettura costantiniana che vede costruzione con tetto piano.

San Michele di Hildesheim


Nella stessa Sassonia si costruisce un’edificio che è più significativo dal punto di vista delle soluzioni adottate ma manifesta anche una varietà di soluzioni all’interno di questa architettura ottoniana, una varietà che non riesce a compromette la sintassi costruttiva generale, ma è una varietà che tende ad arricchire i partiti di partenza con altre soluzioni.
La chiesa di San Michele venne fatta costruire dal vescovo Bernoardo (precettore di Ottone III), riprende temi già noti nel mondo carolingio e li sottopone ad un processo di modifica, il suo impianto si ricollega alla struttura bipolare che abbiamo visto nel mondo carolingio (ovvero quella struttura architettonica che imposta la sua fondamentale importanza sulla corrispondenza di parti uguali poste alle estremità dell’edificio). Si tratta di due corpi di fabbrica (così come abbiamo visto a Centula) uniti da un corpo basilicale che è formato da tre vani uguali a quello formato all’incrocio tra la navata ed il transetto, in una maniera più organica di quello che abbiamo visto a Gernrode (dove l’incrocio non era perfettamente geometrico a causa delle preesistenze). Viene quindi riproposto questo senso di ordine, che questa volta viene ancora di più ritmato perché mentre nel primo esempio tra i due pilastri è interposta una colonna, in questo caso sono interposte due colonne; nel primo caso l’alternanza (pilastro-colonna-pilastro) si chiama alternanza renaria, mentre questa si chiama alternanza sassone; sono tutti elementi che contribuiscono a rendere il percorso movimentato e ritmato. 
La presenza del Westwerk che abbiamo visto a Centula, qui non è riproposta, poiché il corpo occidentale non ha la funzione di vero e proprio westwerk perché essendo formato da due parti che si corrispondono identiche l’ingresso avviene lateralmente, questo ingresso laterale e non più lungo l’asse di simmetria e apporta un’ulteriore modifica nella concezione dello spazio interno, infatti quando si entrava da occidente il visitatore sommava i quadrati e poi giungeva all’altare, in questo caso entrando da uno dei due lati non è subito attirato dall’altare, ma è colpito da un ventaglio di prospettive che si presentano ai suoi occhi, poiché quando entra vede questo intrigo di sostegni e vede in lontananza anche ambienti diversi rispetto all’ingresso.
Quindi la visione dinamica in direzione dell’altare si accresce ancora di più perché lo sguardo è catturato da elementi specifici che lo portano a conoscere queste parti prima di arrivare all’altare, quindi come abbiamo detto è lo spazio d’esperienza che comincia ad affermarsi con sempre più evidenza ed alla ricchezza di elementi architettonici si associano anche elementi decorativi, sopratutto le dimensioni degli ambienti laterali (che in questo caso fungono anche da portici d’ingresso) si dilatano, perché in questo caso le navate laterali sono tre quarti quella centrale (questa grande profondità è un’elemento di ritorno alle grandi basiliche paleocristiane e ai grandi edifici termali così come abbiamo visto in altri esempi).
La mancanza di un westwerk avrebbe in qualche modo negato l’importanza dell’edificio per questo si rimedia a questa mancanza disponendo nei transetti delle gallerie che fungono a westwerk.
Elemento d’interesse è anche la presenza della cripta, la quale presenta un deanbulatorio, anticipando quelle soluzione delle chiese di pellegrinaggio che diventeranno diffuse in epoca romanica; ma la vera caratteristica è che il muro esterno è sovrapposto a quello più interno ed è più elevato, per rendere il passaggio fra i piani più armonico possibile, troviamo quindi un nuovo elemento ovvero quello di tener conto del dosaggio di proporzioni nella disposizione di volumi esterni (elemento che caratterizzerà fortemente l’architettura romanica tedesca, cioè il romanico tedesco non ha particolari originalità rispetto ad altri impianti ma sicuramente si distingue per questa attenzione rivolta alla distribuzione delle masse, continuando la tradizione ottoniana, il romanico tedesco cattedrali come Worms, Magonza o la stessa Spira si distinguono per il fatto che riprendo o il tema equipolare, quindi arricchendo le composizioni agli estremi con un’insieme di aggiunte di torri, oppure realizzano chiese in cui soltanto la parte occidentale è prevalente rispetto a quella orientale, allo stesso modo che in epoca carolingia però arricchendosi di forme diverse e variegate).
All’interno si nota come mancano le tribune e quindi si trovano le arcate al piano terra e la fila di finestre al piano superiore, la fascia intermedia manca, però si continua a mantenere le indipendenze tra i vari piani (infatti le arcate delle finestre non sono in asse con le arcate sottostanti); si riscontra anche la volontà di ottenere dei volumi perfettamente definiti poiché la superficie liscia delle pareti accentua questo significato.

San Ciriaco di Gernrode


Iniziamo ad analizzare quelle architetture che si trovano tra il periodo proto-romanico ed il romanico vero e proprio, in particolare iniziamo dall’impero di Germania.
L’edificio più rappresentativo costruito nella prima fase dell’architettura ottoniana è San Ciro di Gernrode, che viene costruita durante il regno di Ottone II ed sottoposta già sin dal momento della sua ristrutturazione sotto il controllo della principessa Teofane (per questo una abbazia molto famosa e anche ricchissima, le varie mogli portavano che se delle doti). Tutte queste attenzioni pongono l’edificio in una posizione di riferimento ma anche la pongono in una situazione di singolarità, in quanto è l’edificio che risente maggiormente di queste influenza orientale che Teofane introduce. Bisogna precisare che la cultura orientale, per quanto la regina si sforzasse di diffondere, non era ben accetta poiché il mondo culturale tedesco era molto chiuso e legato alle tradizioni locali (in genere in ambito architettonico si preferisce utilizzare partiti architettonici di altre culture piuttosto che soluzioni architettoniche vere e proprie, come dall’architettura lombarda prendono gli archetti pensili, si tratta comunque di elementi che non mutano la struttura e le forme generali dell’architettura tedesca). Anche qui troviamo la ripresa di motivi orientali permeati  nella cultura locale; questa presenza orientale la troviamo sopratutto nell’uso dei matronei (che appaiono per la prima ed unica volta nelle chiese ottoniane), inoltre la chiesa si distingue per un’ordine architettonico molto particolare, il quale però viene assoggettato nelle sue configurazione alle regole dell’architettura ottoniana, molto diversa da quella orientale (nel mondo orientale l’architettura aveva assunto una fisionomia diversa da quella orientale, che invece era rivolta ad esaltare i valori di massa); quindi questi matronei appaiono con una chiarezza strutturale ben lontana dagli esempi delle chiese orientali.
L’edificio è caratterizzato da strutture realizzate in epoche diverse, esistono strutture costruite in un periodo successivo a quello di fondazione (che avviene nel 961), esistono parti risalenti al XII secolo (che trasformano la chiesa in una chiesa a doppio coro, seguendo una prassi che troveremo molto spesso nel romanico tedesco), questa seconda modifica nasce dalla volontà di creare due poli (così come l’architettura carolingi aveva preannunciato in alcune strutture, in particolare a Fulda). In seguito si assistette ad altre aggiunte, con anche annessi laterali, che hanno modificato in maniera sostanziale l’aspetto volumetrico iniziale della costruzione, poiché l’ampliamento in orizzontale ha tolto quella enfasi di sviluppo verticale, che l’architettura carolingia voleva ottenere; questa parte aggiunta è facilmente percepibile dall’apparecchio murario (in quanto è formata da pietre molto regolari ed isodrome).
Elemento caratteristico della struttura originale di epoca ottoniana è la presenza del transetto continuo, il quale deriva dal mondo romano, ma che subisce delle modifiche durante una ristrutturazione successiva, infatti mentre precedentemente la struttura era libera, quando viene successivamente costruito un nuovo settore, per recuperare spazio, viene realizzata una nuova struttura che potesse ospitare il re o la stessa principessa durante le funzioni religiose. Quindi inizialmente la struttura era formata da un transetto continuo su modulo romano, però orientato ad est (come era stato a Saint-Denis) poiché con tutta probabilità la struttura preesistente condiziona l’andamento obliquo del transetto stesso (probabilmente si usarono le fondazioni di un’antica struttura).
La chiesa è dotata anche di una cripta coperta dal pavimento del presbiterio, accessibile da delle scale, si tratta di una cripta a sala.
Rispetto all’uso del transetto continuo che abbiamo visto in altre aree, ancora prima che il transetto assumesse questa forma definitiva nel XII secolo, viene assunto come parametro di partenza del progetto il quadrato formato dall’incrocio della navata e del transetto. Questo elemento diventa il punto di partenza per determinare la lunghezza del corpo basilicale, si passa quindi ad un nuovo modo di procedere che tiene conto di parametri di riferimento, che sottendono delle proporzioni precedentemente stabilite; cioè da questo momento il vano d’incrocio costituisce l’elemento di base per la determinazione del corpo di base (bastava ripetere questa forma geometrica) e tutto l’impianto risulta essere la forma di forme geometriche che possono essere ripetute più volte.
Questo modo di procedere introduce un senso di ritmo all’interno della navata e lo fa in una maniera ritmata, in quanto le pareti della navata principale perdono quell’ordinamento semplice, tipico della basilica cristiana, arricchendosi di una serie di partiti architettonici, disposti a fasce orizzontali che tendono ad arricchire il senso di dinamismo all’interno della navata; elementi che attirano fortemente l’attenzione del visitatore.
Il visitatore entrando si trova nella prima campata e già subito viene colpito dalla differenza dei sostegni (cioè ad un pilastro si alterna una colonna) e questa alternanza introduce dinamismo all’interno dell’edificio. Questa variazione si percepisce anche ai piani superiori nelle varie gallerie, nel primo si assiste all’utilizzo non di una ma di tre arcate, le quali a loro volta sono divise in due parti; al di sopra si trovano delle finestre, quello che stupisce è che queste finestre non sono in asse ne con le arcate sottostanti ne con quelle del primo piano. Emergi qui uno dei caratteri principali dell’architettura ottoniana, ovvero quello di sostituire alla parete semplice della basilica paleocristiana della partiture decorative orizzontali, ciascuna delle quali autonoma rispetto all’altra.
Questo ordinamento verra superato dall’architettura romanica perché nell’architettura romanica ed in particolare in Germania si creeranno delle partiture di grandi arcate che dal pavimento si innalzano comprendendo i due piani superiori. Questa soluzione di trasformare una serie di elementi orizzontali in un coordinamento di elementi verticali si verifica in maniera coerente in Germania nel duomo di Spira (luogo che viene indicato come origine del romanico).
Altro aspetto peculiare della chiesa è quella di essere caratterizzata da una aggregazione di vari volumi, i quali che sono tra di loro indipendenti e trovano però un’elemento di integrazione nelle grandi arcate che si trovano in tutta la chiesa.
Tutti questi elementi sottolineati sono quelli tesi ad attaccare l’antico ed anticipano con tutta chiarezza (pur non essendo coperte da volte) l’architettura romanica, infatti l’architettura romanica rispetto a questa sede non farà altro che coprire ciascuna forma geometrica, assunta come modulo di base, con una volta (tutte le chiese ottoniane le coperture sono a capriate, pur conoscendo la tecnica della volta, la ragione è sempre il ritorno all’età costantiniana).
Gli unici elementi che cambiano sono quelli legati all’ordinamento dell’edificio basilicale, che è impostato su sistemi proporzionali e su una regola d’ordine, un’ordine che si riflette anche nell’alzato, il quale, pur ricordando alcune chiese bizantine per la presenza delle tribune, si differenzia per questo senso di ordine percepibile in tutta la chiesa (infatti in esempi bizantini non si ha mai questa chiarezza d’impianto, in quanto sono spesso utilizzate colone antiche che presentano diverse altezza, qui invece le colonne sono tutte identiche e contribuiscono a dare un senso di ordine, anticipando certe soluzioni successive).
Altro elemento che colpisce ancora di più è che questo senso di ordine da complessivamente l’idea di un volume molto chiaro e definito.

Architettura Ottoniana


Questo nuovo quadro ha posto in luce l’architettura promossa dalla dinastia Sannone, insieme a quella Catalana e poi in seguito quella dei Capetingi (in un periodo successivo).
l’impero di Germania diventa protagonista a partire dagli inizi del X secolo, quando è ancora una sorta di ducato, con Enrico detto l’Uccellatore (duca di Sassonia), il quale emerge ma senza ancora avere un ruolo primario rispetto agli altri feudatari. Gradualmente Enrico raccoglie intorno a se una serie di forze che gli permettono  di esercitare un controllo più diretto sui suoi territori e anche di ottenere il riconoscimento di altri feudatari che governavano i territori limitrofi; questi riconoscimenti gli permettono di essere eletto re nel 919 (che viene considerata la data di fondazione del regno).
Enrico ben presto manifesta le sue doti espandendo il suo territorio a tutto il resto dell’antico territorio germanico che faceva parte dell’antico regno capetingio, inoltre muove guerra contro le popolazioni dell’oriente europeo, che erano le popolazioni che minacciavano il nascente impero. Queste campagne (a partire dal 924) portano ad aggiungere vasti territori ad oriente che determinano uno stato molto esteso e potente, la conquista fu rapida ma molto difficile i quanto erano popolazioni molto forti dal punto di vista militare; inoltre le popolazioni annesse non venivano considerate facenti parte del nuovo stato e questo rendeva estremamente difficile il processo di integrazione.
Dopo aver conquistato questi territori, pochi anni dopo muore ed il figlio Ottone I gli succede con il titolo di imperatore (dal papa); il figlio continua l’opera del padre cercando una sorta di stabilizzazione di tutto l’impero con opportuni interventi, che in sintesi possiamo considerare come la concessione di alcune autonomie a determinati feudatari e la politica di alleanza con la chiesa di Roma.
Questa situazione di continue guerre non favorisce l’attività edilizia, anche se, terminate le lotte contro i popoli orientali, si riattivano i commerci e la sicurezza garantita dalla fine della guerra, portata da Ottone I, porta ad un’incremento degli scambi e di attività edilizia, inoltre  delega il controllo ad ecclesiastici importanti che si distinguevano per la loro cultura (Ottone è colui che riprende l’abitudine dei vescovi-conti).
Questa situazione di controllo sulla chiesa esercitata da Ottone si ripercuote anche sul controllo delle elezioni vescovili e di conseguenza del papa (che spesso provenivano dalla Germania). Quindi si inaugura una nuova fase nella politica europea caratterizzata da una sorta di controllo delle autorità imperiali (da qui iniziano le lotto tra impero e papato nell’elezione dei vescovi).
Ottone I possiamo consideralo come l’imperatore che consolida in maniera definitiva questo vasto impero; il figlio, Ottone II, da un’impronta più culturale alla vita dell’impero in quanto ebbe come moglie la principessa Teofano (vissuta alla corte di Costantinopoli ed imparentata con l’imperatore d’oriente, che procura all’impero l’annessione dell’Italia meridionale). Questo matrimonio modifica sostanzialmente gli orientamenti culturali della Sassonia, introducendo una cultura classica (mediata dall’ambiente bizantino) che si evidenzia anche in architettura (molte delle chiese costruite in questo periodo presentano influenze orientali).
La morte improvvisa di Ottone II crea un momento di incertezza nell’impero, tuttavia l’azione saggia della moglie Teofane e dei vescovi-conti, riesce a tenere salda la compattezza dello stato, in attesa che Ottone III raggiungesse la maggiore età.
Ottone III si distinse per la sua vasta cultura, essendo stato educato dalla madre e da due importanti prelati Bernoardo di Hildesheim e Gerberto d’Aurillac, il secondo prese anche il nome di Silvestro II, in modo da ricordare quell’accoppiamento tra Costantino e Silvestro I (il rimando all’età di Costantino è sempre presente, poiché gli Ottoni, come i Carolingi, sono persuasi da questo desiderio di rinnovare l’impero dei cesari, in maniera molto più evidente dei carolingi, perché gli Ottoni intendevano unificare anche la chiesa oltre che i territori d’oriente e d’occidente, cosa che volevano anche i carolingi).
Questo è il contesto di questo momento storico, che presenta diverse analogie con il periodo carolingio, prima fra tutte l’ideologia politica; entrambe infatti sono due culture che si basano moltissimo sulla tradizione antica, anche in architettura, non solo legati all’epoca di Costantino ma anche alla Roma imperiale e a tutti quegli elementi che potevano ricordarli, per esempio attraverso l’uso di materiali di spoglio (che venivano trovati in situ oppure direttamente portati da Roma).
La morte improvvisa di Ottone III pone fine a questo impero, che lascia tracce indelebili nella storia dell’architettura.
L’impero finisce di esistere nel 1024 perché Enrico II ascende al potere, anche questo breve periodo è molto ricco di esperienze architettoniche ed è considerato come un momento di coronamento di esperienza lasciate incomplete dal predecessore. In realtà dopo il 1024 non esistono più eredi del casato e alla dinastia succedono altre dinastie, con le quali si fa iniziare l’architettura romanica tedesca, che in realtà non ha molte differenze con le esperienze ottoniane, infatti sembra che il romanico tedesco continui quei partiti architettonici che erano stati elaborati in epoca ottoniana, senza apportargli sostanziali modifiche (sono invece la Francia e la Spagna a contribuire in maniera fondamentale a questo movimento).

L’architettura asturiana


Nel 711 la Spagna viene invasa dai popoli arabi conquistando quasi tutta la penisola rendendosi indipendenti da Damasco, anche perché la situazione della Spagna visigotica era molto precaria. L’autonomia viene sancita con la consacrazione dell’emirato di Cordoba istituito nel 756 e governeranno per moltissimo tempo, fino alla caduta di Granada nel 1492. I cristiani sono costretti a rifugiarsi nella parte settentrionale nella regione delle Asturie, si forma quindi questo piccolo regno e viene posto al trono Pelagio; pian piano il regno si ingrandisce con l‘aggiunta di popolazioni indigene che rifiutavano la sudditanza araba. Si comincia ad organizzare questo gruppo in maniera organica sia dal punto di vista costitutivo che politico, certamente non si tratta di un periodo che favorisce l’attività costruttiva; si comincia ad avere un periodo di serenità con Alfonso II, che diventa re nel 791, il quale persegue una politica espansionista che porta alla conquista di territori, formano un territorio di modeste dimensioni che porta un contributo notevole all’economia del luogo che comincia ad affacciarsi alla ribalta politica.
Per queste ragioni il re riesce a proporre un’attività edilizia notevole, per questo assume come centro la città di Oviedo, che diventa capitale del regno delle Asturie, per questo viene costruita una cittadella regia, la quale comprende oltre che il palazzo imperiale anche una serie di edifici religiosi. Il suo regno e molto lungo e questo gli permette di creare architetture anche nelle zone circostanti, si tratta di architetture che mostrano caratteristiche molto peculiari che in parte assorbono le tradizioni visigote e in parte guardano all’architettura carolingia (come il culto delle reliquie, la cerimonia stazionaria e sopratutto l’imitazione del westwerk), in quanto era quella più nota.
In questo primo momento si assiste ad un’architettura di elaborazione, che vive di rendita sulla base di un’architettura locale e di una architettura importata; incomincia ad avere un’autonomia con il secondo re Ramiro I (842-850), responsabile di due grandissime costruzioni, in cui si assiste all’autonomia artistica rivolta alla realizzazione di strutture fortemente articolate (è un momento in cui si sperimentano strutture voltate che danno origine a strutture particolari), inoltre si tratta di un’architettura che si distingue per la ricchezza decorativa poiché vengono riesumati motivi della tradizione visigota, araba, ma anche motivi di provenienza orientale perché per un certo periodo la Spagna meridionale venne occupata dai Bizantini.
Con la morte di Alfonso III termina il periodo del regno asturiano in quanto si frantuma, in questa fase l’architettura locale viene fortemente influenzata da quella islamica e la fusione da luogo alla cosiddetta architettura mozarabica.

Abbiamo sottolineato come l’importanza dell’architettura carolingia è il fatto che presenta alcune premesse fondamentali che saranno poi riprese dall’architettura romanica a partire dalla fine dell’XI secolo; però tra l’architettura carolingia e quella romanica si trovano alcuni episodi importanti che si sviluppano nelle aree che si formano dopo la frattura del regno carolingio (in seguito alla morte di Carlo il Grosso nel 888).
Quando muore Carlo il Grosso, ultimo erede della dinastia carolingia, l’Europa subisce una sorta di trauma, in quanto la geografia politica viene notevolmente modificata e si assiste alla nascita di una serie di entità statali che assumono una notevole autonomia, sulla scia di quelle tendenze che si erano manifestate già nel periodo carolingia (abbiamo già detto come il regno di Carlo Magno era riuscito a tenere in maniera salda l’unità dell’impero, ma che aveva iniziato a disgregarsi sotto Ludovico il Pio ed il fratello).
Già della seconda metà del IX secolo si assiste a questo processo di disgregazione dell’impero carolingio con la nascita di tendenze particolari che si sviluppano all’interno di questi nuovi stati, con la conseguente chiusura verso quello slancio creativo che aveva contraddistinto il periodo precedente.
In conseguenza a queste disgregazione si formano due entità politiche molto forti che giocano un ruolo importante nell’Europa del X secolo, da una parte l’impero di Sassonia (già agli inizi del X secolo) ed il regno di Francia (con i Capetingi nel 986); insieme con queste due entità un’altro territorio intorno alla contea di Barcellona (che era stato possedimento carolingio) sviluppa un’architettura particolare che si differenzia sia da quella del regno di Francia che da quella Sassone, si tratta di un’architettura più legata alle esperienze lombarde e dell’Italia settentrionale (infatti molti modi compositivi lombardi e piemontesi si spostano attraverso la Provenza e la lingua d’oca nella contea di Barcellona).
Queste tre entità statali sono quelle che nel X secolo giocano un ruolo fondamentale non processo di formazione dell’architettura romanica, già l’architettura carolingia aveva gettato delle premesse e quindi questi tre territori raccolgono in maniera diversificata questa eredità e sviluppano alcuni aspetti che vengono tradotti in termini architettonici con soluzioni singolari, che poi verrano tutte unificate dall’azione esercitata dai monaci cluniacensi, i quali danno luogo ad un processo di sintesi formano una architettura unitaria che va sotto il nome di cluniacense, un’architettura che diventa costante punto di riferimento per le esperienze romaniche.
Evidentemente queste esperienze che si sviluppano nelle tre aree non sono nettamente indipendenti ma esistono delle relazioni piuttosto dirette tra i vari stati e sopratutto sono accomunati dalla fede cristiana, che costituisce da elemento saldante, in quanto tutte e tre appoggiano la politica papale così come è avvenuto per i carolingi. Quindi è un momento di grande intreccio di culture che vede lo scambio di esperienze favorite dal movimento dei monaci che si spostano da un monastero all’altro e in questo movimento portano ricordi e suggestioni dei monasteri in cui hanno vissuto.


Lo sviluppo dell’attività edilizia nella penisola iberica del VIII al X secolo risulta nel suo insieme sostanzialmente unitario, sia nella definizione die tipi edilizi che nella determinazione dei sistemi statico-costruttivi, è perciò tale da generare una continuità di risoluzioni architettoniche, sia pure tradizionalmente distinta in tre periodi successivi: l’architettura dei Visigoti, quella asturiana e quella mozarabica.
La liberazione della Asturie dal dominio arabo da parte di Alfonso I il Cattolico (739-757) realizza le condizioni per l’avviamento e lo sviluppo dell’attività edilizia; si tratta di costruzioni che mantengono caratteri dei monumenti visigoti , quali specialmente l’uso delle murature continue, di forte spessore e dotate di piccole aperture, l’adozione del presbiterio a fondo piatto, la casualità degli esterni, la copertura a volta
L’antica capitale di Oviedo presenta alcuni edifici importanti: risalente al periodo di Alfonso II (791-842) troviamo la basilica di San Julian de los Prados, organismo a tre navate si pilastri quadrati, transetto continuo, triplice presbiterio a fondo piatto, copertura a tetto, interamente decorata con dipinti che richiamano la pittura illusionistica romana e protobizantina.
Diverso in tutto è San Miguel del Lillo (842-850), risalente al regno di Ramiro I (842-850), il quale realizza una risoluzione architettonica che potrebbe essere definita preromanica: tre navi coperte con volte a botte ad anelli su colonne isolate, con rilevante sviluppo in altezza (1:3).
Più tarda è sicuramente Santa Cristina de Lena (905), risalente al periodo di Ordone I (850-866), che nell’interno è articolata su due livelli, con presbiterio fortemente rialzato e delimitato da una iconostasi a tre archi su colonne, di età mozarabica.
La soluzione architettonica fissata in San Miguel del Lillo (atrio autonomo con vani laterali, tre navi, triplice presbiterio a fondo piatto, assenza di transetto, corpi minori aggiunti in corrispondenza dell’ultima campata della navata) è adottata anche a San Salvador de Priesca (921), questa riprende nel proprio interno lo straordinario proporzionamento dei vani delle navate, altissime ed anguste (1:3), sviluppando forme semplici e vigorose e nel contempo grevi e possenti.
E’ in generale in queste ed in altre chiese asturiane che si sviluppa la tendenza ad ignorare la composizione delle fronti esterne, dotandole di una forma architettonica adeguata alla qualità degli interni (contrafforti brutalmente addossati alle pareti di perimetro e corpi di fabbrica minori, a blocchi, non indispensabili alla funzione visiva defli esterni).
Infine, monumento veramente singolare è Santa Maria de Naranco (consacrata nell‘848) presso Oviedo, sorta come edificio di rappresentanza civile e poi trasformata in chiesa, costituita da un’aula sopraelevata, coperta da una volta a botte ad anelli, e con due logge di testata, in questo interno essa introduce il motivo delle arcate a muro, qui sopra esili colonne binate, quale elemento diretto a dare un’articolazione completa all’immagine architettonica.
Gli utimi decenni del IX secolo segnano l’esaurimento dell’architettura sturiana e contemporaneamente registrano l’avvento di quella mozarabica, la quale rappresenta l’ultimo ciclo autonomo della cultura artistica della penisola iberica, precedente al processo unificatore della culture romanica.
Il temine mozarabico è utilizzato in genere per indicare la culture figurativa ed architettonica delle collettività cristiane vissute in Spagna sotto la dominazione araba, quella dal X all’XI secolo nei regni di Leon, Castiglia ed Aragona; nello sviluppo dell’architettura mozarabica la costruzione delle chiese mostra una grande varietà di soluzioni nella struttura e nella forma dell’impianto, la copertura a volta, costantemente usata nella penisola dal VII all’XI secolo, continua per tutto l’Alto Medioevo, tipico di una
mentalità dell’edificio chiesastico con qualità strutturali ed insieme formali; da qui l’adozione di intere copertura a volta, dirette ad assicurare all’organismo edilizio assoluta solidità e continuità.